
“Un esercito marcia sul proprio stomaco”: da questa celebre frase di Napoleone possiamo dedurre quanto egli fosse consapevole dell’importanza del cibo nel mantenere efficiente un esercito. Ciò nonostante, il suo personale concetto di “guerra lampo” non prevedeva un adeguato servizio di sussistenza e le sue truppe dovevano spesso vivere a spese dei territori occupati, perché la loro velocità di spostamento era tale da non consentire un continuo contatto con le retrovie. Durante le campagne militari, infatti, i reparti venivano spesso acquartierati presso le abitazioni civili, i cui occupanti, oltre all’alloggio, dovevano fornire il vitto. Una lettera del soldato Sébastien Mevel fornisce una chiara descrizione della razione quotidiana che i suoi ospitanti, durante l’occupazione di Augusta nel 1809, erano tenuti a fornirgli secondo i regolamenti dell’esercito: “Loro sono obbligati a servirci zuppa al mattino; a mezzogiorno ancora zuppa, 10 once di carne e pane con una mezza tazza di birra; alla sera mezza tazza di birra e verdure”.
Il cibo, oltre che dagli abitanti degli edifici occupati, poteva provenire dal servizio di sussistenza, che distribuiva le derrate alimentari che i commissari di guerra riuscivano a radunare. Quando però il territorio non offriva sostentamento, questo sistema rivelava la sua fragilità e i soldati finivano per soffrire la fame. “Noi non viviamo, noi lottiamo per sopravvivere” scriveva un soldato di stanza a Mannheim “Ci siamo ridotti ad una razione giornaliera di 2 libbre di patate completamente marce e 3 once di piselli secchi mangiucchiati dagli insetti”. Durante la campagna di Russia, migliaia di soldati morirono a causa della fame. I russi infatti praticavano la politica della terra bruciata attorno alla Grande Armée, lasciando i villaggi sprovvisti di risorse alimentari. Durante l’inverno del 1812, nei pressi di Smolensk, un ufficiale francese scriveva alla madre su come stessero cercando di mantenersi in vita nella terribile situazione in cui si trovavano: “Il reparto è rimasto senza pane durante la marcia, ma avevamo un buon numero di cavalli che sono morti di stenti, e ti posso assicurare che un pezzo di carne di cavallo, tagliato e cotto in un tegame con un po’ di strutto o di burro è un pasto assolutamente decente. A Wiazma ci siamo gustati un ottimo stufato di gatto”.
La malnutrizione dei soldati francesi in Russia non è deducibile unicamente dalle testimonianze scritte, ma anche dalla letteratura scientifica. Un recente ed innovativo studio (Holder, 2010), basato sull’analisi delle ossa rinvenute in una fossa comune di Vilnius, ha rivelato che la maggior parte dei soldati soffriva di uno stato di malnutrizione cronica al momento del decesso. Il loro stato nutrizionale è stato infatti dedotto quantificando i livelli ossei di azoto, il cui eccesso è associato a deficit calorico prolungato.
Le lunghe marce, il freddo e lo scarso riposo, potevano compromettere ulteriormente la delicata situazione nutrizionale dei soldati, andando a ridurre le già scarse riserve energetiche del loro organismo. Un caso di morte per malnutrizione, che nei registri ufficiali era indicata come come amaigrissement et dépérissement progressif, è descritto nella sgrammaticata lettera che nel 1808 il caporale Francesco Antonio Arasca del 32° Leggero invia al padre di un proprio commilitone, Matteo Terzolo di Asti, morto durante la campagna di Spagna: “Con molto rincrescimento mi dispiace di doverle dare la notizia di suo figlio che è morto il 12 di gennaio. La sua malattia è stata provenuta da grandi strapazzi che abbiamo fatto in rotta. Abbiamo sofferto tanta acqua in su le spalle perché quasi tutti i giorni di continuo, marciando per la Spagna, pioveva. (…) A questo aggiungere devi ancora che entrando in su il Portogallo per cinque giorni non abbiamo potuto avere i viveri, per mancanza di provvigioni che non vi erano in quei paesi. (…) Abbiamo dovuto nutrirsi di mele e ghiande che trovassimo per le campagne. Sono molti italiani che sono morti per non essere ancora assuefatti alle fatiche della marcia. In quanto alla morte del di lei figlio posso significarvi che è morto rassegnato, ha ricevuto li ordini della Chiesa e nella sua agonia domandò conto di loro.”
Fattore che poteva poi contribuire alla malnutrizione era sicuramente l’abuso di alcool. Dalle lettere di Joliclerc, soldato volontario durante la rivoluzione, si evince che bere vino fino ad ubriacarsi fosse molto comune tra i soldati e che ciò donasse sollievo dalle fatiche della vita militare e il giusto coraggio per combattere. L’eccesso nel bere era anche dovuto alla natura spendacciona di questi poveri disgraziati: a che scopo risparmiare per il futuro se questo era cosi incerto? Sicuramente avere a che fare con la morte tutti i giorni li spingeva a “vivere nel presente”, incuranti di un lontano ed improbabile futuro.
Non sempre la fame era una causa diretta di morte, ma poteva mettere il soldato in condizioni rischiose, in particolare quando lo spingeva a compiere saccheggio per sopravvivere. Si ricordi infatti che la seconda causa di morte in Spagna, dopo le battaglie, era l’uccisione durante i saccheggi. Altre cause di morte correlate alla malnutrizione erano poi le infezioni, il cui sviluppo poteva essere favorito dai deficit immunitari tipici del deperimento organico.
In conclusione, tutti conoscono il valore e le vittorie dei soldati della Grande Armèe, non molti sanno però che questi successi sono stati spesso ottenuti “a stomaco vuoto”.
Emanuele Mion
Bibliografia:
Vincennes AG, Xw6i (Maine-et-Loire), letter of 26 Prairial III.
Forrest A, Napoleon’s men: the soldiers of the revolution and empire, (New York 2002).
Hennet L and Martin E, Lettres interceptees par les Russes durant la campagne de 1812, (Paris, 1913).
Holder S, Interpreting diet and nutritional stress in Napoleon’s Grand Army using stable carbon and nitrogen isotope analysis, (Pittsburgh, 2010).
Presotto D, Coscritti e disertori del dipartimento di Montenotte. Lettere ai familiari (1806-1814), (Savona 1990).
Martino A, I soldati del Dipartimento di Montenotte (1805-1814), 2013.
Joliclerc, Volontaire aux Armées de la Révolution: Ses Lettres