
Organo d’ informazione e divulgazione storica dell’ Associazione Napoleonica d’Italia
Carissimi Lettori,
è con grande pregio che, a distanza di quasi 219 anni dalla nascita, Vi proproniamo questa nuova veste de “Il Monitore Italiano” che -ricordiamo- fu uno dei più significativi periodici del triennio giacobino. Una nuova veste, sì, ma gli obiettivi rimangono ancora quelli di sempre: rappresentare in Italia l’unico giornale di storia napoleonica scritta dagli stessi appassionati con lo spirito che contraddistinse l’ originale testata: essere libera e aperta da ogni stereotipismo storico, auspicando altresì che la presenza di nuovi scrittori e collaboratori si faccia sempre più numerosa, sì da allargare momenti di discussione e le argomentazioni da affrontare, con lo scopo di fare di questo Monitore un momento di diffusione culturale sempre più apprezzato.
[La Redazione]
Cenni storici
Nonostante la sua breve vita (in tutto 42 numeri, che ebbero inizio il 3 gennaio 1798 ma alcune fonti posticipano la data al 20 dello stesso mese) questo giornale politico milanese si fece portavoce delle aspirazioni libertarie italiane, condannò duramente il trattato di Campoformio e assunse, in generale, una posizione critica nei confronti dei francesi e dei loro servili sostenitori, accusando il governo della Cisalpina di tradire i principi dell’egualitarismo e di ostacolare la libertà e l’indipendenza dell’italia.il 13 aprile, un articolo di Gioia, dove si negava la sudditanza della repubblica Cisalpina rispetto alla francia, provocò la soppressione del giornale. il 25 dello stesso mese, la testata venne sostituita con il più moderato Monitore Cisalpino.
Prima di inoltrarci negli articoli, abbiam pensato di illustrarvi alcune tra le firme di spicco nel Monitore di cui riportiamo una breve panoramica estratte dalle loro biografie:
Giacomo Breganze – nato a Vicenza, nel 1796 aderì con entusiasmo agli ideali rivoluzionari tanto da essere nominato, nell’aprile 1797, membro della municipalità di Vicenza. in questa carica ebbe frequenti e amichevoli contatti col generale Joubert, che lo protesse negli anni successivi. dopo Campoformido si stabilì a Milano stringendo amicizia col foscolo e con Gioia, con i quali costituì quella società che, a partire dal 20 gennaio 1798, pubblicò il Monitore italiano e ne divenne il primo direttore. Per un suo articolo contro la politica del direttorio (n. 14 del 15 febbraio 1798) e nonostante uno scrito in sua difesa da parte del foscolo pubblicato il 27 febbraio, dovette lasciare la carica a P. Custodi (dal n. 26 del 16 marzo) e rifugiarsi a roma.
Pietro Custodi – novarese, tra il 1797 e 1798 fondò diverse testate: “Compilatore cisalpino”, “Giornale senza titolo”, “Giornale italico”. Alla soppressione de “tribuno del popolo” rischiò il patibolo. Ebbe, nonostante tutto, incarichi durante il regno d’italia e fu, negli anni a seguire, un cospiratore durante la restaurazione.
Carlo Lauberg – massone, partecipò alla rivolta giacobina del 1794 a napoli. rientratovi con l’arrivo dei francesi, lasciò la città partenopea nel 1799 (dove aveva fondato il Monitore napoletano) e continuò la sua carriera di farmacista. Partecipò alla campagna di russia. nel 1814 entrò nell’Accademia reale di medicina.
Melchiorre Gioia – piacentino. nonostante venne ordinato sacerdote, abbracciò il giansenismo ed il sensismo. Condotto in carcere tre volte, nel 1797 perché giacobino, nel 1799 durante la reazione austro-russa e infine nel 1820/21 con Pellico, fu fautore dell’unità d’italia.
Ugo foscolo – considerato tra i più grandi poeti, seppe incarnare lo spirito travagliato dei romantici, come il contemporaneo Lord Byron (per i curiosi napoleonici, nell’autobiografico Childe Harold’s Pilgrimage, il protagonista rievoca la figura di napoleone dopo aver attraversato il campo di battaglia di Waterloo). Inizialmente ammiratore di napoleone ne criticò successivamente
l’operato: tuttavia la sua vita ne venne indiscutibilmente influenzata, sia nell’impegno civile che letterario. Molte opere rifletterono questo stato d’animo: da fervente bonapartista gli dedicò un’ode (ABonaparte Liberatore nel 1797) poi, riveduta nel 1799 con l’aggiunta di una lettera dedicatoria, la stessa divenne un atto d’accusa al generale francese. dal tradimento di Campoformido traggono vita i tormenti dell’autobiografico ultime lettere di Jacopo Ortis. Nonostate tali delusioni, Foscolo seguì le sorti della repubblica Cisalpina arruolandosi volontario nella Guardia nazionale di Bologna. Ferito a Cento, poi aggregato agli ussari partecipò alle battaglie della Trebbia e novi; rimase nuovamente ferito durante l’assedio di Genova. Dopo Marengo chiese e ottenne di esser inserito, col grado di capitano aggiunto, allo stato maggiore del generale Pino. Terminato un lungo peregrinare in francia, ritornò in Italia, sostando a Venezia, Padova e soprattutto a Verona, dove, durante l’incontro con l’amico ippolito Pindemonte scrisse il carme i sepolcri ispirandosi alla poesia sepolcrale di moda alla fine del Settecento, in risposta a i cimiteri dello stesso Pindemonte e all’editto di Saint Cloud del 1804. Chiusa la breve parentesi della cattedra di eloquenza all’università di Pavia, ritornò a Milano ma, a causa dell’invidia degli avversari, il focoso poeta venne tenuto
d’occhio dalla polizia tanto da essere accusato di antibonapartismo, (sospetti aggravati dopo le prime rappresentazioni dell’Aiace). Fedele ai suoi principi di libertà indossò nuovamente l’uniforme per difendere il regno dall’invasione alleata del 1813/14, ma l’imminente crollo statale lo portò a uno scetticismo critico nella possibilità di mutare gli eventi (la fine della religione delle illusioni ortisiane) e lo spinsero sempre più lontano dall’impegno politico e militare. Benché le trattative del feldmaresciallo Bellegarde per affidargli un posto al futuro giornale Biblioteca Italiana fossero a buon punto, alla vigilia del giuramento al nuovo governo filo-asburgico, Foscolo fuggì in esilio, dapprima in Svizzera, poi in inghilterra dove morì in povertà a soli 49 anni.
(Biblioteca Italiana: Sebbene finanziato dai primi governi post napoleonici in Lombardia, il periodico non riuscì a diffondere la simpatia per la corona asburgica tra la popolazione nonostante la partecipazione in un primo momento di Silvio Pellico e Vicenzo Monti e successivamente di madame de Stael con l’articolo (29 gennaio 1816) Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni che diede inizio alla polemica tra Classicisti e romantici in italia provocando uno scisma già all’interno della stessa rivista con l’uscita dei filo-romantici: questi diedero poi vita al Conciliatore; chiuso dopo pochi mesi, tutta la redazione aderì alla Carboneria finendo in esilio o imprigionata allo Spielberg)
Articoli:
Il Code Civil (1804) e il diritto di famiglia
Le Memorie del Capitano Coignet
L’enigna della morte di Napoleone
Il mito dell’uniforme francese del 1812
Memorie di un chirugo maggiore 1812
La strada verso Ulm; ottobre 1805
La strada per il ponte (la Battaglia di Arcole)
Il fenomeno della malnutrizione nella Grande Armée
La scarpa della fanteria francese
La campagna dei 6 giorni: verso l’ultima avventura
Dopo lo scontro: la pulizia dei campi di battaglia
Joséphine de Beauharnais: la regina dei salotti
Fonte storica: Journal De Paris nr. 263
Fonte storica: quietanza di pagamento
I tatuaggi in epoca napoleonica
Gribeauval e la sua riforma dell’artiglieria
Fonte storica: Gazzetta Nazionale del 21 gennaio 1793
Fonte storica: la normativa sulle coccarde
Fonte storica: Giornale dei Difensori della Patria Nr. 138, bollettino di guerra
Fonte storica: lettera di Berthier a Lannes
Fonte storica: Journal de Paris del 10 ottobre 1807, la Pace di Tilsit
Gli effetti dell’invasione napoleonica sulla crescita economica della Germania
Lettera del ministro Fouché su un sospetto renitente alla leva
Lettera di un soldato alla famiglia
Un weekend per il Museo des Invalides
Fonte storica: resoconto del generale Berthezene
La trasformazione dell’Esercito francese dal Re alla Repubblica (dal 1789 al 1793)
La Grande Armée e la divulgazione attraverso le rievocazioni A.N.I. – tesi di Paolo Restuccia