Il 21 marzo 1804, con la legge del 30 ventoso anno Xii, dopo una lunga e complessa fase di elaborazione, vide finalmente la luce il Code Civile des francais. Come già evidenziato da eminenti giuristi, il dezza in primis, nel prescrivere l’ abolizione della vigenza delle fonti normative civilistiche antecedenti, la predetta legge delineava, simbolicamente, il momento di passaggio tra due grandi epoche della storia giuridica: dall’ età del diritto comune si passava infatti all’ età della codificazione.
Tre anni più tardi, il decreto imperiale 3 settembre 1807, assegnerà al Codice Civile l’ ossequiosa denominazione di Code napolèon, che sarà mantenuta fino alla caduta dell’imperatore, e ripresa solo da napoleone III per poi assumere definitivamente il nome di Code Civil. Con oltre due secoli di vita, tutt’ oggi vigente, anche se con ovvi “restauri”, rappresenta una vera e propria opera d’ arte nella storia giuridica europea. Si tratta infatti di un testo normativo che ancora costituisce il cardine del sistema delle fonti francesi e che fa parte del patrimonio culturale-giuridico dell’europa continentale. Più in particolare il Codice Civile del 1804 contraddistinto secondo una matrice tipicamente illuminista, da un linguaggio, comprensibile, immediato e semplice, risultava composto da 2281 articoli distribuiti in tre libri preceduti da un titolo preliminare, rubricato de la publication, des effets et de l’application de lois en general. La struttura era sostanzialmente non difforme da quella presente nei progetti elaborati in età rivoluzione sotto la guida di Cabàcères, che a sua volta si ispirava alla antica tripartizione romanista, persone cose-azioni, di radice gaiano-giustianea. In ordine poi ai contenuti, i punti che maggiormente qualificavano e qualificano il Code napolèon erano rappresentati dalla disciplina del ruolo e dei diritti dell’ individuo, con particolare riguardo alla proprietà e all’ autonomia negoziale, nonché dalla strenua difesa della famiglia considerata nucleo essenziale della società e dello Stato.
Ed è proprio con riguardo a quest’ ultimo istituto che il legislatore napoleonico, al fine di fronteggiare i numerosi problemi sociali che attanagliavano la francia di quegli anni, ha reintrodotto alcuni principi conservatori e autoritari. Nel testo del 1804, quello oggetto del nostro esame, il diritto di famiglia era posto sistematicamente nel primo libro, des personnes (artt. 7-515), i cui undici titoli disciplinavano: lo stato civile, il matrimonio, il divorzio, la paternità, la filiazione, l’ adozione, la patria potestà e la tutela. La predetta collocazione non appare una scelta causale. infatti la disciplina napoleonica, nella materia in oggetto, era tesa alla creazione di basi normative atte a diffondere e soprattutto a creare l’idea di una famiglia “forte”, fondata su un solido principio di autorità. insomma una “forte famiglia” come nucleo fondante di un “forte Stato”, con la peraltro inevitabile conseguenza della reintroduzione, come detto, di principi autoritari che si era tentato, solo qualche anno prima, di superare. Va peraltro sottolineato che in alcune materie i principi “rivoluzionari” vennero preservati, in quanto considerati indispensabili per la salvaguardia del principio di laicità dello Stato.
tale conservazione riguardava la disciplina dello stato civile, la secolarizzazione del matrimonio e il divorzio. Peraltro vanno rammentate le nuove scelte legislative, sostanzialmente uniformate a principi autoritari, in tema di patria potestà, figli naturali e posizione giuridica della donna. In particolare la patria potestà veniva restaurata pressoché integralmente con l’ attribuzione di ampi poteri direttivi e correzionali. i figli naturali non erano più equiparati ai figli legittimi e perdevano la qualifica di eredi a pieno diritto. inoltre per superiori ragioni di stabilità sociale, veniva introdotto il divieto di ricerca della paternità naturale. Per quel che atteneva poi la posizione della donna, l’ art. 213 poneva la stessa sotto la tutela giuridica del marito al quale doveva obbedienza. La tutela maritale si esplicava attraverso una serie di specifici istituti tra i quali l’autorizzazione del marito necessaria alla moglie per stare in giudizio, vendere beni e accendere ipoteche. inoltre era il solo marito l’amministratore dei beni dotali e comuni. Per quanto invece atteneva al regime patrimoniale, il codice, garantita una generica libertà di stipulare convenzioni particolari, delineava due modelli tipici: il regime dotale (molto diffuso nella francia meridionale e in normandia) e la comunione dei beni (molto diffuso nella francia settentrionale). Nel caso in cui i coniugi non avessero operato alcuna scelta a riguardo, trovava automatica applicazione la comunione dei beni. Coerentemente con la scelta volta alla creazione di una famiglia stabile e autoritaria, il divorzio, disciplinato dagli artt.li 229-311, pur essendo comunque previsto, veniva ridotto a istituto sostanzialmente eccezionale. Le sette cause statuite dalla legislazione rivoluzionaria erano ridotte a tre (adulterio, condanna a pena infamante, eccessi -sevizie ed ingiuria grave). era previsto anche il divorzio per mutuo consenso, ma si trattava di una via particolarmente ardua da percorrere, visto gli adempimenti che tale scelta comportava. infatti il tribunale era impossibilitato a pronunciarsi prima di un anno e la richiesta non veniva ammessa nei primi due anni di matrimonio ovvero dopo venti. Non era ammessa nemmeno se il marito aveva meno di 25 anni e la moglie meno di 21 o più di 45, ed era richiesto il consenso dei genitori o degli ascendenti. inoltre il mutuo consenso doveva essere manifestato quattro volte in un anno. A puro titolo di curiosità va ricordato che il divorzio, soprattutto quello per mutuo consenso, venne difeso contro la maggioranza dei membri
del Consiglio di Stato, dallo stesso napoleone. qualcuno sostenne per interesse personale … Come ben può comprendersi si tratta di un argomento
che meriterebbe maggiore approfondimento, in quanto, a prescindere da quelle che possono essere le scelte legislative più eclatanti, il Codice Napoleone ha gettato le basi per il moderno diritto di famiglia. non si può quindi non provare ammirazione per una tale opera, non solo per i principi in essa contenuti ma anche, soprattutto, per le doti di chiarezza, razionalità perfezione tecnica e linearità di struttura che la contraddistinguono.
[Avv. Christian Serpelloni]