Nella successiva fase delle guerre che interessarono l’Impero Austriaco in suolo italiano, contro una potenza che aspirava a riunificare la penisola, è evidente che il 26°, divenuto orami un reggimento “italiano”, si trovasse in una posizione assai scomoda. Per quanto l’influsso delle idee unitarie fosse piuttosto debole, indubbiamente esse filtravano e ne minavano la coesione interna.
Per questa fase della storia reggimentale, l’opera di riferimento in lingua italiana è senz’altro l’ottimo studio condotto da Isabella dal Fabbro intitolato “Il Contro-Risorgimento. Gli italiani al servizio Imperiale”, edito da Gaspari Editore nel 2010, con prefazione dell’illustre storico militare Piero del Negro. A questo fondamentale testo rimandiamo dunque tutti coloro che volessero meglio approfondire le poche note che qui riportiamo.
La rivoluzione del 1848/49
All’inizio dell’anno il 26° vede i propri battaglioni e le proprie compagnie disseminate su di una vasta area che corre dal Voralberg a Innsbrucl e da qui a Palmanova a Venezia.
I battaglione
Il I battaglione, di stanza a Innsbruck, subì molte diserzioni, che aumentarono dopo la notizia della rivolta di Milano e, soprattutto di Venezia, nonchè per l’arrivo di emissari politici arrivati dall’Italia. Nell’aprile si tenta di ricostituire l’unità nel Voralberg, aggiungendovi anche la 7a e 8a compagnia del II battaglione. Quindi l’unità si porta quindi a Innsbruck, poi a Salisburgo e infine a Linz. Da qui, nell’ottobre, viene imbarcata su un vapore e prende parte agli scontri di Vienna contro i rivoluzionari. A Vienna il I battaglione si incontrò con i resti del III battaglione, proveniente da Lubiana; quindi partecipò alla guerra in Ungheria nel 1849. Dislocato nella valle del Waag, qui prese parte a diversi combattimento. Nel prosieguo della campagna il battaglione fu passato in rivista dall’Imperatore, che ebbe parole d’encomio per tutti. Quindi il 13 giugno il battaglione viene impegnato nella battaglia di St. Johann; e ancora combatte ad Arpas, dove salva il fianco della brigata Wolf, e infine a Komorn. L’ultimo scontro avviene a Mayar-Kanisza, dove il battaglione non riuscì a conquistare il ponte sul fiume se non dopo duri scontri. Si riunisce col II battaglione a Temesvar.
II battaglione
Si trova dislocato all’inizio del 1848 a guardia di ben 4 posizioni: Dornbin (7a comp.), Landeck (8a comp.), Bregenz (9a ), Ulm (10a, 11a e 12a comp.). Data questa dislocazione, in territorio austriaco, il battaglione ebbe poche diserzioni e queste avvennero soprattuto nelle due compagnie aggregate al I battaglione. Il II battaglione raggiunse successivamente Judenburg e Leoben, dove ricevette molte dimostrazioni di affetto da parte della popolazione, che contribuì non poco a rialzarne il morale. Non caso, Nugent inserì il battaglione nell’esercito destinato ad operare in Ungheria. Qui prende parte al combattimento di Friedau, ricevendo i complimenti dello stesso Nugent. Dopo essersi portato fin sul lago Balaton. Nel 1849 il battaglione prende parte all’assedio di Peterwardein, sostenendo alcuni combattimenti. Si riunisce, come detto, a Temesvar.
III battaglione
Il battaglione presidia l’importante piazzaforte di Palmanova e di Udine, in entrambi i casi con tre compagnie. Ed in etrambi i casi le compagnie, o meglio la maggior parte delle stesse, si sciolgono o passano ai rivoluzionari. Ad Udine, prima della partenza dalla città di coloro che avevano scelto di rimanere fedeli all’Imperatore, il Comitato Rivoluzionario cittadino impose al comando di battaglione la restituzione della fascia che era stata apposta alla bandiera quale dono della città. Come tutta risposta, gli ufficiali preferiscono bruciare la bandiera stessa e gettarne le ceneri nel torrente Roja. Eppure, nonostante tutto, ciò che rimaneva del battaglione fu assegnato al corpo del Feldzugmeister Nugene prese parte, con ruolo defilato, ai combattimento di Ca’ Strette presso Verona (11 maggio), all’assedio di Treviso e alla presa di Vicenza (24 maggio). Quindi i pochi rimasti ricevono ordine di portarsi a Vienna e il 18 novembre arriva a Temesvar.
Compagnie Granatieri
Inquadrate nel battaglione Angelmayer e acquartierate nella caserma di San Salvatore di Venezia, il 22 marzo decidono di passare agli ordini della Repubblica di Veneizia. Si tratta di una decisione clamorosa, dato che i granatieri sono l’elite dell’esercito. Molti soldati entrano in servizio della Serenissima, ma molti altri scelgono invece di tornare nelle proprie case e di attendere una nuova chiamata alle armi da parte dell’esercito di sua Maestà l’Imperatore.
Campagna del 1859
Nel 1859 il reggimento si trova di stanza ad Olomutz: qui nel giro di appena 14 giorni i quattro battaglioni ricevettero tutti i complementi provenienti dal Friuli, cosicchè l’unità era pronta per la guerra a pieno organico. L’unità viene quindi portata nel Friuli orientale e si inizia a formare anche un V battaglione. Il 26° si trova ora dislocato assieme al 23° e 43° reggimento, formati entrambi da lombardi. Mano a mano che arrivavno le notizie delle vittorie franco-piemontesi queste ultime due unità vedavano aumentare il numero di disertori, mentre il 26° ebbe appena 134 casi di abbandono della bandiera, peraltro dovuti alla vicinanza del reggimento alle proprie zone di reclutamento. Chi scappava, insomma, non voleva abbracciare la causa italiana, ma solo tornarsene a casa. Addirittura il colonnello chiese che il 26° fosse mandato al fronte oppure trasferito all’interno della monarchia: richiesta esaudita, il reggimento fu mandata a Vienna.
Campagna del 1866
Il 26° si trova a Josephstadt e viene inquadrato nella brigata Poeckh del I corpo d’armata dell’Armata del Nord, mentre il IV battaglione, a Udine, richiama tutti i riservisti. Successivamente, entrò nella brigata Kopal del IV Corpo del feldmaresciallo Tassilo Festetics, assieme al 12° di linea ed al 27 jaeger. Il 7 giugno fu passato in rivista dal generale Benedek, comandante in capo dell’esercito, schierando 3.196 uomini, 89 cavalli e 26 carri. Nei primi giorni di campagna il reggimento è sballottato qua e là, obbligato a marce forzate, spesso sotto un tempo inclemente, a rapidi riposi e pasti rubati. Il IV corpo entrò in combattimento a Schweinschaedl. Solo il III battaglione fu coinvolto dai combattimenti, ma l’intero corpo, battuto, fu costretto a ripiegare vicino a Koniggraetz, a Salnai. Nella grande e sfortunata battaglia del 3 luglio, il IV Corpo ebbe ordine di difendere le alture fra Chlum e Nedelist. Gli scontri più aspri avvennero nel bosco di Swiep: perduto dagli austriaci, fu ordinato un contrattacco per la sua riconquista che fu guidato dal II battaglione del 26°:
“Verso le 19.30 si mise in movimento senza avere grandi possibilità di successo. Senza che il nemico si scomponesse dal fuoco, senza sapere bene che parte del bosco dovesse essere attaccata, il battaglione continuò il suo avvicinamento alle linee nemiche sotto un micidiale fuoco che proveniva dall’altro, mentre attraversava un capo di grano allo scoperto.”
L’attacco avvenne per scaglioni di divisione (2 compagnie) e fu fermato da una trincea trasversale e dal fuoco avversario. I prussiani inseguirono, ma furono a loro volta fermati, anche grazie all’artiglieria. A questo punto il feldmaresciallo Molinari ordina anche al III battaglione di attaccare il bosco; in un primo momento l’azione riesce, anche grazie all’aiuto di parte del II battaglione, ma alla fine anche il III battaglione dovette retrocedere. Nella fase finale interviene anche il I battaglione, con la 1a e 2a compagnia, salvo essere successivamente pesantemente impegnato, verso le 14.30, nel tentativo di conquistare il villaggio di Chlum, in mano nientemeno che alla guardia prussiana. L’attacco fu respinto dai prussiani grazie alla loro indubbia superiorità di fuoco. Nella battaglia il 26° gettò 12 delle sue 18 compagnie e pianse la perdita di 61 morti, 232 feriti, 347 dispersi e 68 prigionieri. Di questi ultimi, solo 28 erano senza ferite. Il totale è quindi di 708 uomini fuori combattimento.
Dopo il 1866
“Alla fine d’ottobre venne l’ordine di mandare a Udine i soldati che volevano rimpatriare. I soldati che lasciarono il servizio imperiale dovettero lasciare le armi all’arsenale di Vienna, mentre le uniformi a Schwadorf. 3.182 uomini partirono da Modling per Udine in tre tradotte. […] Alcuni soldati e ufficiali preferirono rimanere in Austria. […] Tutti i materiali del deposito di Udine e tutta la cancelleria e l’archivio e la biblioteca furono trasferiti a Grosswardein”.
Con il 1866, dunque, il 26° cessa di essere un reggimento italiano: fino alla fine dell’Impero, nel 1918, sarà un reggimento ungherese, precisamente di stanza a Esztergom (Gran in tedesco), una cittadina della parte settentrionale del Paese, che ora conta circa 30.000 anime, sulla riva destra del Danubio.
A segnare ulteriormente il cambiamento, viene deciso di cambiare anchee il colore reggimentale: dal tradizionale e amato verde pappagallo al nero, in segno di lutto per la perdite dei territori italiani.
Chiudiiamo questa breve rassegna riportando le parole del capitano Stubick, citato da Wredde nella sua storia del reggimento:
“In generale la truppa della delegazione di Belluno presentava, come montanara, molte affinità con i i tirolesi e carinziani, più svegli e svelti che gli udinesi. Il carattere popolare era generalmente duro, sobrio, religioso e parsimonioso. I soldati erano docili, facili da addestrare e dimostravano l’esigenza d’essere utili nel servizio. La gran parte delle reclute arrivavano nei reparti analfabete, per la qual ragione fu particolarmente difficile cambiare la mentalità, tuttavia la maggior parte divennero bravi soldati e maestri per i nuovi arrivi. I soldati erano ricercati come pionieri (abilità nei lavori sulla terra), infermieri e attendenti e dimostrarono come ultima importante qualità un grande attaccamento. Accaddero frequentemente delle mancanze contro la sicurezza della proprietà privata e diserzioni, tipica era l’astuzia e la scaltrezza di ogni italiano”.